Non tutti lo sanno, ma alcuni degli abiti realizzati dai brand più importanti mettono a rischio la nostra salute, è bene essere a conoscenza di questo pericolo.
Tante persone hanno una vera e propria passione per i vestiti, al punto tale da non averne mai abbastanza pur avendo piena consapevolezza di come l’armadio sia spesso stracolmo, anche di cose che poi alla fine mettiamo poco o niente. Questa idea ci spinge quindi a fare acquisti non sempre così necessari, anche solo perché attirati da qualcosa che ci piace, sia perchè lo osserviamo da una vetrina sia semplicemente navigando online quando siamo impegnati a fare altro.
Non è detto, però, purtroppo che quello che indossiamo e adoriamo sia sempre così di qualità come potremmo pensare. Purtroppo molti die marchi più noti (e non si tratta solo di quelli a basso costo) non sono così sani come sostengono, anzi possono letteralmente mettere a rischio la nostra salute ogni volta che li indossiamo. È bene essere a conoscenza di questo scenario, così da avere un’idea precisa di quello a cui possiamo andare incontro.
I brand di abbigliamento creano vestiti pericolosi: attenzione massima!
Sapere che un’azienda di cui ci fidiamo, magari perché compriamo suoi prodotti da anni, realizza qualcosa che non è poi così sicuro ci lascia estremamente sbigottiti. Si pensa infatti che se una cosa viene messa in commercio deve essere stata sottoposta a controlli, ma purtroppo non è così, in ogni ambito, sia alimentare, sia a maggior ragione nell’abbigliamento.
Secondo quanto emerso da un’indagine sull’inquinamento da microplastiche, alcuni dei brand di moda più noti sono stati accusati di “greewashing”, azione più diffusa di quanto si possa pensare. Il termine si riferisce a una pratica di marketing ingannevole, che porta alcune aziende a sostenere che i propri abiti siano ecologicamente sostenibili, anche se questo non sempre corrisponde alla realtà. Diffondere questo messaggio spinge inevitabilmente i clienti ad acquistare pensando di andare sul sicuro, senza capire il messaggio errato.

Rischiamo grosso con i vestiti di alcuni marchi importanti – Officinamagazine.it
Nel mirino sono finiti marchi come H&M e Nike, che hanno già convertito quasi tutto l’uso di poliestere da vergine a riciclato, anche se il 98% di questo materiale proviene da bottiglie di plastica, non da rifiuti tessili. Nike e Adidas si vantano di questo modo di agire, sottolineando come questo possa permettere di ridurre effettivamente i rifiuti e non danneggiare gli oceani, anche se più della metà di questo poliestere riciclato genera particelle di microplastiche. Queste finiscono poi per diffondersi nell’ambiente e fare danni anche ai clienti.
Una ricerca della Changing Markets Foundation, condotta dal Microplastic Research Group dell’Università di Çukurova, in Turchia, ha evidenziato anche quali siano le imprese che non sembrano essere così scrupolose come dovrebbe avvenire. Pur di avere un dato il più possibile attendibile, si è scelto di analizzare T-shirt, top, abiti e shorts di Zara, Nike, Adidas, Shein e Zara, con il maggiore livello di inquinamento riscontrato nei capi in poliestere di Nike, sia in tessuto vergine sia riciclato. I numeri mettono in evidenza un fenomeno preoccupante, il poliestere riciclato del marchio ha perso in media oltre 30.000 fibre per grammo di campione, quasi quattro volte la media di H&M e più di sette volte quella di Zara.
Non va comunque molto meglio con Shein, altro marchio popolare per i costi abbordabili, anche in questo caso il rilascio di plastiche è del tutto simile tra poliestere riciclato e vergine. Si tratta di un problema che è comunque noto, l’azienda ha già subito una multa per sconti falsi e dichiarazioni ambientali fuorvianti.
Alcuni dei capi di abbigliamento noti sono pericolosi - Offcinamagazine.it






